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Il sedimento della belva umana, la magia contro il male

Il 27 gennaio di ogni anno è per me, sul piano intimo e personale, una giornata molto strana.


Il senso di colpa su ciò che è accaduto. Lo stillicidio quotidiano di quella "belva umana" che ancora sedimenta nei nostri cuori, pronta ad esplodere. Il timore di non avere lo stesso coraggio dei "giusti". La paura che il male possa tornare.


Poi però ogni 27 gennaio penso ad Herbert Nivelli. Un uomo solare e brillante, sconvolto dalla guerra, ma che capì che l'unico antidoto al male era la magia.


Herbert era nato a Berlino il 9 settembre del 1906 e sin da bambino, vista la sua passione per i giochi di prestigio, decise che da grande avrebbe fatto il mago. E infatti ci riuscì. Ancora adolescente aprì il suo primo negozio di magia e da lì partì la sua carriera che gli avrebbe permesso di calcare i più importanti palcoscenici tedeschi. Decise di scegliere un nome d’arte che potesse richiamare l’Italia e i suoi artisti, così capovolse il suo cognome ‘Levin’ e ci appose una ‘i’ alla fine. ‘Nivelli’. Perfetto!


Divenne uno dei più noti illusionisti del paese ma con l'ascesa di Hitler al potere, essendo ebreo, nel 1939 decise di abbandonare la Germania e di rifugiarsi in Cecoslovacchia con la sua famiglia. Tuttavia la guerra sconvolse la sua vita, perchè quando le truppe naziste entrarono in Cecoslovacchia fu catturato e imprigionato con la sua famiglia nel campo di Terezin.


‘A1676’, questo divenne il suo nome nel campo, quello il nome che i suoi aguzzini avevano tatuato sul suo braccio. Finché qualcuno non lo riconobbe. Ed è lo stesso Herbert a raccontarci cosa accadde, tramite una intervista rilasciata ad una rivista magica anni dopo la fine della guerra:


«Quando le SS scoprirono che ero “il mago Nivelli”, lo stesso che molti di loro avevano visto nei principali teatri tedeschi, mi mandarono a chiamare e mi ordinarono di intrattenerli»


e continua


«Con praticamente nulla a disposizione ma solo un mazzo di carte da gioco sporco, una cordicella e delle monete (che mi procurarono i nazisti) misi insieme un numero abbastanza buono da essere richiesto più volte. Ma intendo sempre. Quei diavoli arrivavano nel cuore della notte su quella panca di legno dove dormivamo, mi colpivano nelle costole e mi ordinavano di svegliarmi e “fare i trucchi”. Andava bene. Obbedivo sempre. E mi salvò la vita. Mi rendeva anche la vita più facile, il giorno dopo mi lasciavano dormire di più e non mi davano lavori faticosi da fare. Mi davano anche cibo speciale. (…) A quel punto insistettero che gli insegnassi i miei trucchi. Così quando non mi esibivo ero lì ad insegnare magia».


Herbert con le sue esibizioni ebbe la capacità di liberare i suoi compagni di prigionia da quel bocco di celle, trasportandoli in mondi magici e lontani.

Inoltre, con la sua magia, strappò ai nazisti la promessa che avrebbero in qualche modo tutelato e protetto sua moglie e suo figlio. Ma tutto diventò vano.


«Poi arrivò un giorno tragico per me»


racconta Nivelli,


«Fu il giorno in cui Reinhard Heydrich, governatore di Vienna, venne ucciso. Anche gli ultimi ebrei ancora liberi furono arrestati. Molti uccisi. Altri ancora spediti in un campo di concentramento più terribile. Per quattro giorni e quattro notti fui rinchiuso in un carro bestiame con molti altri; tutti stretti e stipati come sardine in una scatola di latta. Niente cibo, niente acqua. Così arrivai al terribile campo di Auschwitz. Tutti per morire nelle camere a gas, è lì che mia moglie e mio figlio morirono. Come altri 6 milioni di ebrei. Ma di nuovo, la magia salvò la mia vita. Circolò la voce che ero il mago Nivelli, e tornai ad esibirmi.»


L’Armata Rossa finalmente liberò il campo di Auschwitz, e fra i pochi superstiti, malandato e affaticato c’era Herbert.


«A quel punto, per mancanza di cibo e vitamine, ero così debole che potevo camminare solo con l’aiuto di due bastoni. Stampelle improvvisate. Le unghie delle mani e dei piedi mi erano cadute. Fui il primo uomo uscito vivo dal campo ad arrivare a Berlino. Mi furono dati cibo e vestiti. Alcuni amici maghi mi diedero alcune attrezzature magiche nuove. Tutte fatte di legno, con le loro mani. Inizia da capo. Sei mesi dopo riuscii nuovamente ad esibirmi sui palcoscenici di Berlino, gli stessi che mi diedero la fama.»


E infatti, come ci raccontano i giornali dell’epoca, prima di partire per gli States, Nivelli portò in scena allo Schiffbauerdamm Theater il suo “Risate e Pianti” una favola magica in cui vestito da arlecchino stupiva il pubblico con le sue illusioni. Un critico dirà: «(Nivelli, ndr) è uno che ha una risata nel suo cuore perché il destino è stato buono con lui, ma al contempo nel suo cuore e nella sua mente piange, a causa di tutti i ricordi imprigionati dietro le barricate di filo spinato».


Nonostante tutto Herbert trovò tanto coraggio, e grazie alla magia ebbe la possibilità di rifarsi una vita. Arrivato negli USA nel 1947, sposò Lottie (anche lei tedesca ed ebrea, scampata all’Olocausto), che divenne anche sua partner di scena. Già nel 1954 i Nivelli’s (come si facevano chiamare) godevano di una discreta fama in America, esibendosi nei maggiori teatri statunitensi, i più rinomati club e sulle navi da crociera.

Portò in scena il suo ultimo spettacolo il 1 maggio del 1977 a Lancaster in Pennsylvania per un pubblico di 1500 persone. Dopo due giorni morì, abbracciato dall’amore di Lottie, l’affetto del suo pubblico e il rispetto della comunità magica americana.


In qualche modo, nonostante tutto, Herbert fu capace di conservare la gioia del suo cuore. Non l’odio, non il rancore, che pure i suoi carcerieri avrebbero meritato. Preferì dignitosamente rivolgersi a quello che di più caro aveva, la sua Arte, che non solo gli aveva salvato la vita in Germania. Ma gli permise di farsene una nuova. Nonostante quell’orribile tatuaggio sul braccio.


Nivelli aveva vissuto il peggio ma sempre e comunque dato il meglio di sé. Perchè in fondo capì che la miglior soluzione al male era la magia.


Hallo große Herbert.

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